that’s politics

mentre su cnn live parla palin, ritorno su ieri. diario intanto, poi commento più a freddo.

seguendo i consigli l’arrivo a mezzogiorno ci permette di fare solo un’ora di attesa, che le porte aprivano all’una ed entrare nello stadio ancora vuoto: “you’re the 4th people getting into this section” mi accoglie il volontario che controlla l’ingresso. si riempirà poco a poco, totalmente solo per obama.

nel pomeriggio non succede gran che, al gore, si, e richardson – anche più applaudito dell’ex vp – e will.i.am che fa in diretta yes we can, e sheryl crow e il canddiato al senato di denver e altri che solo saltuariamente distraggono gli spettatori dallo sfogliare riviste o vagare in tondo per gli anelli esterni dello stadio. o daL fare giri e giri di ola, tanto per montare ancora un po’ l’eccitazione. e grida, urletti, che se ogni tanto non gridano magari pensano di essere morti – avevo un’amica che dormiva sempre con una lucetta accesa, per poter essere sicura, se si sveglaiva di notte, di non essere morta.

il pomeriggio passa mangiando – nachos, pollo fritto, popcorn, hamburger, hotdog e salsicce broncos, panini con carne e formaggio, noccioline e quant’altro schifo possibile … con file lunghissime nell’ora prima di obama – e comprando gadget – un banchetto ogni dieci metri, ma solo ufficiali, quindi tutti con le stesse cose.

c’è il sole, ed è una giornata di festa. niente a che vedere con l’atmosfera dei congressi italiani, simile in parte alle vecchie feste dell’unità, ma prima che diventassero un baraccone solo commerciale.

le facce, gli abiti, le magliette personalizzate, i cappelli, le spillette, mai solo una, le età, i colori, immaginate quanto di più variegato vi viene in mente, e sarà ancora poco. sembriamo piccoli, simili, attaccati a differenze minime che producono identità massime, mentre qui la diversità è la ricchezza di tutti.

la tecnologia, poi. ovviamente cellulari e digitali in mano per tutti, per immortalare istanti, per dire in diretta ci sono anch’io, per rispondere alle chiamate dello staff obamiano. il capo campagna del colorado esce ad un certo punto e chiede a tutti di mandare un sms ad un numero, una mappa interattiva segnala on line – e su maxischermo – gli sms che arrivano da ogni parte degli states, e il colorado deve fare bella figura (tornerà dopo un paio d’ore annunciando oltre 30.000 messaggi … vero o falso, l’importante è dar seguito…). sullo schermo, modello mtv, appaiono anche i perchè obama inviati da i sostenitori, e le città o gli stati con i nomi di chi sta guardando da casa. simulacri di partecipazione, accando alla partecipazione live.

cartelli e bandiere, ancora, distribuiti dai volontari ogni tanto, man mano che lo stadio si riempie. cartelli semplici, change, e stelleestrisce dappertutto – l’avevo anch’io, sventolata un po’, poi rimasta lì, mente cartelli e bandiere si portano a casa!

e i volontari, poi. ce ne sono ad ogni ingresso, ce ne sono che vendono gadget, ce ne sono che distrubuiscono cartelli, ce ne sono che danno informazioni, ce ne sono che controllano, ad ogni cestino, che si gettino in modo giusto le cose riciclabili e quelle no, ce ne sono e lavorano e sono sorridenti, e alla fine anche loro vogliono entrare – e qualcuno cede – a sentire obama.

poi obama. ormai è sera, luci accese, flash come ad un concerto, d’improvviso cala il silenzio. qualcosa di mistico, anche se perso, o accentuato, da 85mile persone. smettono i balli, smettono le urla, si ascolta, e si applaude ed esulta, ovviamente, ma tutti insieme, a boati periodici – talvolta anche controtempo rispetto al ritmo del discorso.

poi i fuochi d’artificio, intorno a me saltano per il colpo, che non se li aspettavano, ed è il delirio.

l’uscita, in massa, un fiume che cammina ordinato, sorridendo, felice. that’s politics. può essere la politica.

(sul discorso ancora un po’ di attesa, che ora faccio la valigia e vado in aeroporto)

young people vote when targeted

non imbarazzare
facilitare
capire le differenze
usare linguaggi appropriati
costruire spazi effettivi

“young people are not democrats because they are young, but because of the hard work we’ve done talking with them”
jane fleming kleeb, co-chair dem youth council, chair young voter pac.
facile, no?

per capire l’aria, poi, un panel di approfondimento oggi pomeriggio dedicato al rapporto tra hip hop e politica. di hip hop, nonostante in passato abbia preso ripetizioni, diciamo così, non ne so molto, quindi un po’ di cose mi sfuggivano. ma il tema di come un linguaggio popolare, partecipatico, critico possa servire alla politica mi pare ci sia tutto. e obama potrebbe essere, si diceva, il primo presidente realmente della hip hop generation.

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